I FARMACI AGNOSTICI
E IL NUOVO MODELLO
DI ONCOLOGIA DI PRECISIONE

<strong>1) L’ONCOLOGIA DI PRECISIONE E IL NUOVO MODELLO MUTAZIONALE IN ONCOLOGIA</strong>

Precisione è la parola chiave in oncologia. Ogni paziente presenta caratteristiche che lo differenziano dagli altri e deve essere curato con una terapia il più possibile “personalizzata” e “su misura”. Da qui il concetto di oncologia di precisione: l’obiettivo di questo modo di intendere la ricerca e la pratica clinica è quello di combattere il tumore mediante strategie basate sulle caratteristiche del singolo caso, con l’obiettivo di migliorare l’attività e l’efficacia dei trattamenti contro il tumore e rispettare la qualità di vita dei pazienti.
L’obiettivo dell’oncologia moderna, già possibile in alcuni casi, è quello di individuare con la massima precisione, grazie a dati non solo clinici ma anche biologici, le caratteristiche del cancro che colpisce la singola persona e costruire la strategia di trattamento migliore per ognuno.

Il cosiddetto “modello istologico”, fino a oggi, ha governato la ricerca clinica in oncologia, le decisioni regolatorie e la pratica clinica. Nel modello istologico, il punto di partenza è rappresentato dalla localizzazione del tumore (in pratica l’organo da cui la malattia ha origine), a cui seguono l’esame istologico, la scelta del farmaco e l’indicazione terapeutica.

La recente approvazione di molecole con indicazione cosiddetta “agnostica” sta portando all’affermazione di un nuovo modello, definito “mutazionale”. Si tratta di una vera e propria rivoluzione scientifica e culturale, destinata a condurci lontano, in molti casi, da un’oncologia pensata, come è nel classico “modello istologico”, attraverso gli organi colpiti o l’istologia.

Il punto chiave del nuovo processo è rappresentato dalla profilazione genomica, cioè dall’individuazione delle mutazioni o delle alterazioni molecolari che giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo delle neoplasie (definite “driver”): da qui deriva la scelta del farmaco e l’indicazione terapeutica, indipendentemente dalla sede del tumore, dall’età e dal sesso del paziente.

In sintesi, nel modello istologico l’indicazione terapeutica si basa sull’istologia del tumore, mentre nel modello mutazionale, pur integrandosi e riconoscendo il valore del dato morfologico e istologico, deriva dalla sua profilazione genomica.

Nel modello mutazionale, sulla base di specifiche evidenze scientifiche e naturalmente nel rispetto delle autorizzazioni all’impiego, i nuovi farmaci oncologici possono avere un valore terapeutico aggiuntivo, con particolare riferimento ai tumori rari e nei pazienti che hanno esaurito le linee di trattamento disponibili.

<strong>2) I GENI DEL CANCRO</strong>

La teoria mutazionale sull’origine del cancro prevede che i tumori si generino, progrediscano e si diffondano nell’organismo per accumulo di mutazioni genetiche.

Le mutazioni che svolgono un ruolo fondamentale nello sviluppo delle neoplasie sono definite “driver”, perché conferiscono un vantaggio di crescita nelle cellule affette. Nei tumori umani, a oggi sono stati identificati circa 350 geni “driver” implicati nello sviluppo della malattia. I tumori strettamente dipendenti da mutazioni “driver” sono definiti “mutation addicted”.

I principali geni coinvolti nello sviluppo del cancro appartengono a due categorie, gli oncogeni e i geni oncosoppressori.

  • Per oncogene si intende una sequenza codificante del DNA che, se anomala con conseguente aumento di funzione della proteina codificata, può favorire la trasformazione neoplastica. Due esempi tra gli oncogeni più frequentemente alterati nei tumori umani sono i geni delle famiglie RAS e EGFR.
  • I geni oncosoppressori codificano proteine che controllano la divisione cellulare, i processi di riparazione dei danni al DNA e l’apoptosi. Tipici esempi sono p53 e i geni della famiglia BRCA. Sulla base dei numerosi dati disponibili, p53 è considerato un gene chiave nello sviluppo del cancro, essendo alterato per mutazioni somatiche in circa il 50% di tutti i tumori umani. Le mutazioni patogenetiche di BRCA1 e BRCA2 nella linea germinale aumentano considerevolmente il rischio per una donna di sviluppare un tumore della mammella e/o dell’ovaio.

Il ruolo del patologo è fondamentale nell’inquadramento delle patologie oncologiche, dalla definizione delle caratteristiche prognostiche (a cominciare dalla fondamentale distinzione tra tumore benigno o maligno), alla caratterizzazione “immunofenotipica”, con anticorpi specifici per diversi antigeni che caratterizzano alcune forme tumorali permettendo di inquadrarle perfettamente, fino alla caratterizzazione molecolare sia con metodiche in situ (vale a dire direttamente su sezioni di tessuto) che non in situ, vale a dire lavorando su materiale biologico (in particolare su acidi nucleici) estratto dalle cellule tumorali. Questa caratterizzazione è cruciale nella medicina di precisione. Lo scopo è quello di individuare una alterazione molecolare ‘driver’, indispensabile per la crescita neoplastica, per poterla trattare con farmaci specifici che impediscono la crescita della cellula tumorale portatrice dell’alterazione, e possono portarla a morire rapidamente. In prospettiva, è importante promuovere la diffusione delle tecniche di sequenziamento massivo parallelo in centri di eccellenza diagnostica, che permettano la centralizzazione dei test, analisi molecolari sempre più complete e accurate con una riduzione dei costi.

<strong>3) I FARMACI AGNOSTICI</strong>

Strettamente correlato al modello mutazionale è lo sviluppo di farmaci agnostici, vale a dire farmaci il cui impiego non è ristretto ad uno specifico istotipo tumorale ma legato alla presenza di una specifica alterazione molecolare, indipendentemente dall’organo di origine. Queste molecole sono una nuova conquista della medicina di precisione: gli studi clinici condotti per dimostrare la loro efficacia non sono limitati a uno specifico tipo di cancro, in quanto tali molecole colpiscono selettivamente le cellule caratterizzate da alcune mutazioni/alterazioni genetiche, che possono essere presenti in tumori originati in organi differenti.

Una novità importante, che può ampliare ulteriormente lo scenario terapeutico oncologico: specifiche alterazioni molecolari presenti in un paziente con neoplasia diventano il target di un farmaco che, andando al di là della sede d’origine del tumore, consente di selezionare il paziente sulla base delle caratteristiche molecolari e genetiche della neoplasia di cui è affetto.

<strong>4) I BIOMARCATORI AGNOSTICI</strong>

In alcuni sottotipi tumorali sono state individuate peculiari alterazioni genetico-molecolari che rappresentano non solo la causa della neoplasia, ma anche i “punti deboli” che possono essere attaccati con specifiche armi terapeutiche. Queste alterazioni, chiamate biomarcatori o marcatori biologici, permettono di indirizzare la scelta terapeutica verso i trattamenti ‘personalizzati’.

Gli studi molecolari, soprattutto sui tumori avanzati, oltre a consentire l’identificazione dei “bersagli” attesi in quanto presenti in una certa percentuale dei casi, consentono anche di identificare la presenza di alterazioni molecolari più rare, non necessariamente tipiche del tipo di tumore in esame. Queste ‘alterazioni’ possono essere bersaglio di farmaci agnostici, quindi di farmaci non disegnati a priori per una determinata neoplasia, ma che potrebbero essere la terapia ‘giusta’ per quel caratteristico profilo molecolare. Tra i vari biomarcatori, ad esempio, il deficit di riparazione del mismatch del DNA (dMMR) e l’alta instabilità dei microsatelliti (MSI-H) sembrano essere in grado di identificare i pazienti che rispondono all’immunoterapia, indipendentemente dalla sede e dal tipo di tumore.

Dall’altro lato, le fusioni di NTRK1/NTRK2/NTRK3, note come “NTRK-fusions”, costituiscono uno degli esempi più paradigmatici di alterazione genetica, ‘driver’ e potenziale bersaglio farmacologico, trasversale a multiple istologie tumorali. L’inibizione di NTRK si è dimostrata altamente efficace, portando a risposte durature, che sono state osservate indipendentemente dall’età del paziente e dal tessuto tumorale, e bloccando l’azione delle proteine TRK, che favoriscono la diffusione e la crescita della neoplasia. L’identificazione dei tumori portatori di questi riarrangiamenti genici è fondamentale per la selezione dei pazienti che possono beneficiare del trattamento con farmaci antitumorali, appartenenti alla famiglia degli inibitori della tirosin-chinasi.

All’orizzonte si stanno già profilando altri marcatori agnostici, ad esempio il cosiddetto carico mutazionale del tumore (tumor mutational burden, TMB), che potrebbe aiutare a predire la risposta all’immunoterapia (anche se il suo ruolo esatto è ancora oggetto di discussione) ed il fibroblast growth factor receptor (FGFR), che sembra giocare un ruolo in alcuni tumori delle vie biliari, del tratto gastrointestinale, della vescica e di alcune altre neoplasie.

Un altro marcatore agnostico in fase di sviluppo è RET. Il gene RET (REarranged during Transfection) è un proto-oncogene espresso esclusivamente nelle cellule di derivazione neuroectodermica (anche cellule C della tiroide), localizzato sul cromosoma 10, codifica per una proteina chinasi di superficie che funge da recettore per una serie di proteine della famiglia del GDNF (fattore di crescita delle cellule gliali). Questo gene nella forma mutata RET/PTC è correlato all’insorgenza di alcune neoplasie.

<strong>5) I TEST AGNOSTICI</strong>

I pazienti eleggibili al trattamento con farmaci agnostici dovrebbero essere selezionati sulla base della presenza delle alterazioni molecolari presenti nel tumore, attraverso test diagnostici.

In particolare, il test di sequenziamento genico di nuova generazione (Next Generation Sequencing, NGS) fornisce la visione più completa di un ampio numero di geni (è in grado di analizzare oltre 300 mutazioni geniche) e può individuare le fusioni del gene NTRK, così come altre alterazioni, anche a partire da minime quantità di tessuto.

La ricerca delle alterazioni molecolari con il test NGS può essere effettuata direttamente sul tessuto tumorale asportato oppure, in alcuni casi, su un campione di sangue. In quest’ultimo caso, si parla di “biopsia liquida” (particolarmente utile quando sia difficoltoso recuperare mediante biopsia il tessuto tumorale). La biopsia liquida consente di studiare, nei fluidi biologici come il sangue, numerose componenti molecolari del tumore, e può rappresentare uno strumento importante per seguire nel tempo l’evoluzione dinamica della neoplasia (per una trattazione più approfondita dell’argomento è possibile consultare le Raccomandazioni AIOM 2020 per l’esecuzione di Test Molecolari su Biopsia Liquida in Oncologia).

<strong>6) MOLECULAR TUMOR BOARD (MTB)</strong>

L’accesso dei pazienti alle terapie agnostiche inizia con l’esecuzione di un test di profilazione genomica, prosegue con l’interpretazione dei dati per arrivare alla scelta terapeutica. Un elemento centrale di questo modello organizzativo è rappresentato dai Tumor Board Molecolare (TBM), team multidisciplinari, disegnati per colmare l’enorme disparità tra conoscenza clinica e potenzialità della diagnostica molecolare nella pratica oncologica. Il compito principale del TBM è l’interpretazione del profilo genomico di una neoplasia e la raccomandazione della migliore terapia. Il TBM in molti casi ha un approccio agnostico rispetto all’origine anatomica dei vari tipi tumorali e svolge un ruolo complementare a quello degli attuali Gruppi Oncologici Multidisciplinari (GOM) e Disease Management Teams (DMT), centrati invece su specifiche patologie.

Con l’obiettivo di discutere e gestire collegialmente la complessità di alcuni casi clinici, di comprendere i risultati dei test molecolari e di proporre la strategia terapeutica più adeguata sulla base dei farmaci attivi disponibili, l’istituzione dei Tumor Board Molecolari costituisce oggi una priorità, così come riportato nelle “Raccomandazioni 2020 sui Farmaci Agnostici” e nelle “Raccomandazioni 2020 Tumor Board Molecolare”.

<strong>7) IL QUESTIONARIO</strong>

Survey AIOM su farmaci agnostici – Sintesi dei risultati

Tra il 10 aprile e il 26 maggio 2020, 166 medici hanno risposto alla survey (il 97.6% dei rispondenti erano oncologi). Il 94.6% dei rispondenti dichiara di conoscere cosa si intende per test agnostico, e il 95% indica correttamente la definizione di indicazione agnostica di un farmaco, vale a dire che “il farmaco è indicato a prescindere dall’istotipo tumorale e sulla base dell’individuazione di uno specifico biomarcatore”.

Oltre 4 rispondenti su 5 (82.5%) ritengono che il principale vantaggio di un farmaco agnostico sia la specifica associazione con un particolare pathway molecolare. Il 16.9% dei rispondenti, peraltro, identifica come principale vantaggio la possibilità di avere farmaci anche per patologie rare.

Oltre 3 oncologi su 4 (77.7%) ritengono che le indicazioni agnostiche potrebbero costituire il fulcro della moderna oncologia. Gli studi clinici condotti con i farmaci agnostici, dal momento che prescindono dalla specifica istologia tumorale, spesso vedono rappresentati in maniera numericamente molto eterogenea i vari tipi di tumore. Da questo punto di vista, il 21.7% dei rispondenti si dice molto confidente che il farmaco approvato in un’indicazione agnostica sia attivo in tutti i tipi di tumore, anche se di organi diversi, purché caratterizzati dalla presenza della specifica alterazione molecolare; d’altra parte, il 72.9% ne è solo in parte confidente (ossia solo per i tumori sufficientemente rappresentati nello studio clinico).

La conoscenza dei farmaci al momento approvati con indicazione agnostica nel mondo è eterogenea: oltre l’80% riconosce come farmaco agnostico il larotrectinib, il 65.7% l’entrectinib, il 66.9% il pembrolizumab (indicazione agnostica nei casi caratterizzati da instabilità dei microsatelliti), il 34.3% gli inibitori di PARP. Eterogenea è anche la conoscenza dei test di laboratorio corrispondenti ad indicazione agnostica: il 78.3% elenca le fusioni geniche di NTRK, ROS1 e ALK, il 61.4% i deficit dei geni del riparo, mentre il 42.8% indica le mutazioni a carico di NTRK, ROS1 e ALK.

L’accessibilità all’esecuzione dei test agnostici è complessivamente buona, in quanto solo il 10.2% dei rispondenti dichiara di non poter garantire ai propri pazienti accesso ad una profilazione di next generation sequencing della neoplasia. Al contrario, la maggioranza dichiara di poter contare sulla presenza di un laboratorio di biologia molecolare o anatomia patologica per l’esecuzione dei test agnostici (46.4% nel medesimo ospedale in cui lavora e 42.2% in un centro di riferimento limitrofo, grazie alla collaborazione “spontanea” tra strutture o grazie a un percorso strutturato di Rete). Le tecniche di next generation sequencing sono quelle considerate di gran lunga le più adatte per l’esecuzione di un test agnostico (88.6% dei rispondenti).

Praticamente tutti i rispondenti ritengono che sia giunto il momento storico di applicare in pratica clinica i  tumor board molecolare: per il 47.6% in tutte le patologie, per il 51.8% in alcune patologie selezionate. Peraltro, solo il 13% dei rispondenti dichiara di poter contare sulla presenza di un tumor board molecolare nella propria struttura, in grado di supportare il clinico nell’interpretazione del dato molecolare.
Il 59.6% dei rispondenti ha usato un test agnostico nella pratica clinica, in particolare per i tumori dell’apparato gastroenterico (58.8%) e per i tumori del polmone (57.8%). Meno alte le percentuali di rispondenti che hanno usato un test agnostico nella pratica clinica per sarcomi (20.6%), tumori urologici (11.8%), tumori ginecologici (18.6%), tumori della mammella (16.7%), tumori del distretto cervico-facciale (5.9%).

Secondo i rispondenti, la lista di alterazioni molecolari che potrebbe corrispondere in futuro ad una indicazione agnostica è destinata ad allungarsi: circa 2 terzi dei rispondenti ritengono che BRCA, KRAS, BRAF e MET siano tutte alterazioni candidate ad allungare la lista dei test agnostici.

La conoscenza della letteratura sui test e sulle indicazioni agnostiche è abbastanza eterogenea: solo il 16.9% dichiara di aver letto oltre 10 pubblicazioni scientifiche sull’argomento, mentre il 44% ne ha lette meno di 5.

Praticamente tutti i rispondenti ritengono utile un’analisi di genetic profiling o deep sequencing per tutti i pazienti inseriti in studi clinici di fase 1, in modo da cogliere informazioni utili sull’attività di nuovi farmaci. Il 56% ritiene che le società scientifiche dovrebbero lavorare affinché queste informazioni vengano condivise con i centri sperimentatori perché potrebbero aprire delle prospettive terapeutiche al singolo paziente, e un ulteriore 42.8% ritiene che le società scientifiche dovrebbero lavorare affinché queste informazioni vengano condivise su database pubblici dalle companies.

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Progetto realizzato grazie al contributo non condizionante di Bayer