Nell’ambito dei tumori delle vie biliari, il colangiocarcinoma intraepatico presenta elevata eterogeneità genomica, e una percentuale compresa tra il 40 e il 50% dei casi presenta una o più mutazioni “target”. Tra le alterazioni molecolari riscontrate nei colangiocarcinomi intraepatici, le fusioni e i riarrangiamenti del recettore del fattore di crescita dei fibroblasti 2 (FGFR2) sono presenti tra il 5 e il 13% dei casi, mentre tali alterazioni sono particolarmente rare nelle forme extraepatiche (colangiocarcinoma perilare o distale). Se confrontate alle forme di colangiocarcinoma intraepatico senza alterazioni di FGFR2, i pazienti con fusioni o riarrangiamenti presentano una maggiore sopravvivenza e sono suscettibili di trattamento con inibitori specifici, tra cui pemigatinib.
Pemigatinib è un potente inibitore di FGFR1-3, che è indicato in monoterapia per il trattamento di pazienti adulti affetti da colangiocarcinoma localmente avanzato o metastatico, con fusione o riarrangiamento di FGFR2, che ha manifestato una progressione dopo almeno una linea precedente di terapia sistemica. L’approvazione ha seguito i risultati dello studio FIGHT-202, inizialmente pubblicato su Lancet Oncology nel 2020.
Lo studio FIGHT-202 era disegnato come un trial di fase due, open-label, a singolo braccio per pazienti pretrattati con almeno una linea di chemioterapia, ECOG-PS 0-2, che ricevevano pemigatinib somministrato alla dose di 13.5 mg/die in una schedula 2 weeks on / 1 week off. Endpoint primario dello studio era la proporzione di pazienti con fusioni/riarrangiamento di FGFR nei quali era documentata una risposta oggettiva secondo RECIST alla valutazione indipendente centralizzata, e a un follow-up mediano di 15.4 mesi, l’utilizzo di pemigatinib aveva mostrato una overall response rate del 35.5% in questa popolazione di pazienti.
L’analisi finale dello studio, recentemente pubblicata su ESMO Open, sembra confermare l’efficacia di questo trattamento. Con un follow-up mediano di 45.4 mesi, la overall response rate è risultata del 37% nei 108 pazienti con fusione / riarrangiamento di FGFR2, con 3 casi di risposta completa e 37 risposte parziali. La durata mediana della risposta è risultata di 9.1 mesi, mentre la sopravvivenza libera da progressione e la sopravvivenza complessiva di 7.0 mesi e 17.5 mesi, rispettivamente. Il trattamento è stato discretamente tollerato: iperfosfatemia (58.5%), alopecia (49.7%), e diarrea (47.6%) sono stati gli effetti collaterali più comuni.
I risultati dello studio rappresentano una ulteriore conferma del ruolo di pemigatinib in questo setting. Allo stesso tempo, uno specifico punto meriterebbe una riflessione. Infatti, nonostante un forte razionale biologico alla base dell’utilizzo di una target therapy come pemigatinib, il 14.8% dei pazienti con fusioni / riarrangiamenti ha mostrato progressione di malattia (PD) come migliore risposta a pemigatinib nel FIGHT-202. Questo gruppo di pazienti, che si potrebbe definire quale “primary refractory”, necessiterebbe di una ulteriore caratterizzazione in termini di fattori di rischio e outcomes clinici, e sarebbe interessante comprendere la risposta degli stessi ad ulteriori trattamenti attivi nel colangiocarcinoma, come la chemioimmunoterapia. Gli studi in corso, inoltre, potranno aiutare nel comprendere come poter incrementare l’attività del farmaco anche in combinazione ad altre molecole, alla luce della marcata eterogeneità tumorale e dei meccanismi di resistenza primaria / secondaria.
A Vogel, V Sahai, A Hollebecque, G M Vaccaro, D Melisi, R M Al Rajabi, A S Paulson, M J Borad, D Gallinson, A G Murphy, D-Y Oh, E Dotan, D V Catenacci, E Van Cutsem, C F Lihou, H Zhen, M L Veronese, G K Abou-Alfa
ESMO Open, 2024 Jun. 9
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